Pensieri…

C’è un bambino per la via Guarda in alto perso, distratto Il mondo scivola sospeso Mentre gli adulti sfuggono via Passano tempo a spezzare sogni Seguono ombre nascoste Fantasmi invisibili C’è un bambino per la via Che non sa cosa cerca, cosa vuole Intorno altri pensano male E le certezze corrono via I grandi non sanno più nulla Il futuro non è loro eppure Distruggono anche chi è in pace C’è un bambino per la via Forse capisce tutto, senza saperlo Ora vede nero perché non c’è più luce E la speranza passa via I vecchi pensano a difendersi Ogni nemico vale una guerra E non c’è guerra senza un nemico C’è un bambino per la via Ha in mente chi vuol essere Niente e nessuno può nulla Vengono tutte le foglie via Ora sdraiati o morti Gli altri hanno perso Una vita fa fu un mondo diverso

Anche gli Italiani emigrano

È proprio così, nel 2017 se ne sono andati dall'Italia in ben 153.000! Quindi abbiamo un problema di emigranti e non di immigranti, che sono quelli che arrivano e che l'anno scorso sono stati 95.215 e, fino a ieri, solo 18.549 (-86.74% rispetto al 2017). La fonte sui dati dell'immigrazione (in entrata) è il Ministero dell'Interno (trovate il PDF a questo link) e non una delle tanto bistrattate ONG. Abbiamo quindi un saldo negativo di 58.000 persone, che salgono a 190.000 persone assemblando anche i dati del 2016, e se lo sommiamo alla riduzione della popolazione (nel 2017) di 105.000 persone, arriviamo ad totale di 163.000 in meno. Possiamo vederla da molti punti di vista, ma il dato che più preoccupa che se ne vanno soprattutto i giovani laureati. Su cosa sono basate le politiche del lavoro in Italia? Chi ci governa ha il DOVERE di dare un futuro alla nazione. Gli imprenditori delocalizzano, licenziano o, nella migliore delle ipotesi, assumono con contratti "farlocchi" (legali, per carità) che non danno nessuna prospettiva nè a noi, oramai verso la mezza età, nè, cosa decisamente peggiore, ai giovani. Però usano e abusano degli ammortizzatori sociali che lo stato italiano paga loro. Negli anni '50 se ne andavano dall'Italia circa 300.000 persone all'anno. Ma era il dopo guerra, erano tempi in cui non si intravvedeva ancora il "miracolo italiano" degli anni sessanta. Ora siamo di nuovo su quelle cifre (2016 e 2017), vorrà dire qualcosa, o no? Ma sì, cari ministri, scagliatevi contro gli immigrati che arrivano soprattutto dall'Africa, litigate per la RAI e per la spartizione del potere. Prima o poi dovrete affrontare seriamente il problema e non come fece il Ministro Poletti quando disse
"Conosco gente che è bene sia andata via, questo paese non soffrirà a non averli tra i piedi" (Repubblica 19/12/2016).
Il breve riassunto che io nella testa (personale ed opinabile) è:
  • Non vogliamo gli immigrati;
  • Il governo non si occupa di migliorare le prospettive per impedire che i giovani vadano all'estero (dopo aver investito ca. 165.000 € a testa per la loro formazione);
  • L'Italia è sempre più un paese di anziani.
Facciamo un gioco, proviamo seriamente a pensare a chi arriva come una risorsa e non come un problema e proviamo a creare opportunità e non ostacoli per i nostri giovani. Proviamo a contrastare l'illegalità con la l'istruzione e la cultura. Proviamo a togliere potere alle mafie con prospettive e lavoro. Proviamo a vedere tutti gli uomini come persone. Che non sia semplice lo capirebbe anche un bambino, ma che non si voglia neanche provare non lo capisce nessuno.
Può darsi che non siate responsabili per la situazione in cui vi trovate, ma lo diventerete se non fate nulla per cambiarla. M.L.King.
SB.

Quando la propaganda conta più dei fatti

Quello cui stiamo assistendo in questi giorni, dal caso presidente RAI alla violenza a sfondo razzista alle politiche sui migranti, potrebbe essere tranquillamente analizzato e discusso se non fosse per la scelta di come, questo governo, comunica con i cittadini. Questa scelta si chiama propaganda. La propaganda non guarda ai fatti, alla verità o alla reale portata di un avvenimento, la propaganda stabilisce a priori come e cosa deve essere detto e scritto dai politici e dai mass-media. Anche attraverso gli abusati social network. Poco importa poi se il messaggio rischia di causare violenza o di umiliare gratuitamente le vittime, l'importante è far passare un'informazione manipolata che deve servire al proprio fine. Vi invito a leggere con attenzione questi due passaggi tratti da un libro che (poi vi dico da chi è stato ha scritto e il titolo) ha contribuito a causare milioni di morti e la peggior tragedia della storia:
La propaganda deve sempre affrontare lo stesso argomento per le grandi masse del popolo. (...) Tutta la propaganda deve essere presentata in una forma popolare e deve correggere il suo livello intellettuale in modo da non essere al di sopra delle teste dei meno intellettuali di coloro ai quali è diretta. (...) l'arte della propaganda consiste proprio nel riuscire a risvegliare l'immaginazione del pubblico attraverso un appello ai loro sentimenti, a trovare la forma psicologica appropriata che attragga l'attenzione e faccia appello al cuore delle masse nazionali. Le grandi masse del popolo non sono costituite da diplomatici o professori di giurisprudenza pubblica né semplicemente di persone che sono in grado di formare un giudizio ragionato in determinati casi, ma è una folla vacillante di bambini che si trovano costantemente in bilico tra un'idea e un'altra. (...) La grande maggioranza di una nazione è estremamente femminile nel suo carattere e la considerazione che il suo pensiero e la condotta sono governati dal sentimento piuttosto che dal ragionamento sobrio è esatta. Questo sentimento, tuttavia, non è complesso, ma semplice e coerente. Non è altamente differenziato, ma ha solo le nozioni negative e positive di amore e di odio, giusto e sbagliato, la verità e la menzogna La propaganda non deve indagare la verità oggettiva e, nella misura in cui essa sia favorevole verso l'altro lato presentarla secondo le regole teoriche di giustizia, ma deve presentare solo un aspetto della verità, che è favorevole al proprio scopo. (...) il potere ricettivo delle masse è molto limitato e la loro comprensione è debole. D'altra parte, se ne dimenticano in fretta. Stando così le cose, ogni propaganda efficace deve limitarsi a poche cose essenziali e quelle devono essere espresse per quanto possibile in formule stereotipate. Questi slogan devono essere ripetuti con insistenza fino a che anche l'ultimo individuo venga a cogliere l'idea che gli è stata messa davanti. (...) Ogni modifica apportata nel soggetto di un messaggio propagandistico deve sottolineare sempre la stessa conclusione. lo slogan principale deve naturalmente essere illustrato in molti modi e da diverse angolazioni, ma alla fine bisogna sempre ritornare all'affermazione della stessa formula.
Ora fatemi un favore, rilegette con attenzione una frase alla volta: non vi sembrano di estrema attualità? Non vi sembra che, oggi più che mai, questo tipo di comunicazione sia usato con metodo ancora più scientifico e rigoroso? Tutti i governi hanno sempre fatto propaganda, ma, in passato, di fronte a notizie palesemente "interpretate", c'era ancora la buona usanza di assumersi le proprie responsabilità o, perlomeno, di rettificare. Oggi questo è passato di moda e ogni notizia è manipolata, strumentalizzata ed usata al solo fine di trarre vantaggio politico. Da Berlusconi in poi, salvo poche eccezioni, questa è la prassi. Per la verità Berlusconi ha usato un metodo diverso, ha sfruttato il desiderio di emancipazione sociale ed economica per avere consensi e poter difendere sè stesso e le proprire aziende. Ha anche usato un metodo nuovo: dire tutto e il contrario di tutto in modo che potesse sempre affermare di averlo detto, o in un modo o nell'altro. Subire la propaganda di governo è frustrante, è fastidioso ed è un insulto all'intelligenza (almeno per chi ne è dotato). Il libro da cui sono tratti i due brani è il "Mein Kampf " di Adolf Hitler. P.S.: Nella Germania nazista all'inizio degli anni '30, in piena crisi economica, il partito non riusciva a mantenere le promesse fatte nelle tre campagne elettorali del 1932 (due) e 1933 (una) di dare lavoro e stabiltà economica a tutti i tedeschi. Fu così che Hitler, con l'aiuto determinante del ministro della propaganda Goebbels, decise di dare la colpa di tutti i problemi della nazione agli ebrei e alle minoranze etniche. Se trovate delle similitudini in quello che sta accadendo oggi in Italia... SB.

L’appello di Saviano

Roberto Saviano @robertosaviano, ha fatto un appello, prima come risposta a Travaglio su Il Fatto quotidiano e poi esplicitamente su Repubblica, per non tacere sulle scelte di questo governo ed in particolare sulle scelte dei ministri dell'interno e del ministro delle infrastrutture e dei trasporti. Saviano sostiene che
Oggi tacere significa dire: quello che sta accadendo mi sta bene.
Penso che abbia ragione e che tutti gli uomini e le donne di questo paese debbano, indipendentemente dal tipo di influenza che possono avere, indipendentemente dai follower, indipendentemente dallo share, prendere posizione. Non si tratta di essere "noi" contro di "loro", ma solo di ragione contro istinto, cultura contro ignoranza, dignità contro vergogna, umanità contro malvagità. Da gennaio sono morte nel mar Mediterraneo 1443 persone! Millequattrocentoquarantatre!!! Non sono morti lontane, che non ci riguardano. Sono il frutto di politiche ciniche e barbare che non dovrebbero appartenere né alla nostra civiltà, né alla nostra cultura. Abbiamo il dovere morale e civico di fare qualcosa. Ognuno con le proprie possibilità. Non sono un fan sfegatato di Roberto Saviano, ne condivido alcune idee e non sono in accordo su altre. Credo che in Italia (ed in Europa) ci sia un serio problema culturale e di coscienza civile. Basterebbe che chi si appella alle nostre origini cristiane riflettesse seriamente sul messaggio di Cristo e del Vangelo, perché il resto è solo ipocrisia. Basterebbe che i laici si domandassero quanto giova ad ognuno di noi questa "guerra" contro e quanto, invece, gioverebbe una "pace" insieme. Alla politica non interessa cosa fare per risolvere, interessa cosa fare per essere rieletta. Il becero linguaggio che ogni giorno viene usato per difendere scelte indifendibili dovrebbe essere, da solo, sufficiente a non votare mai più questa classe dirigente. Nella lettera a Repubblica Saviano quasi rimpiange Berlusconi e su questo non sono d'accordo. Nei vent'anni di Forza Italia c'era chi rimpiangeva la vecchia DC. Non si può di fronte al costante impoverimento della politica, dire che prima, in fondo, era meglio. Anche sul fronte interno le cose non sono limpide. Oggi ho sentito dire che la democrazia rappresentativa è superata e che tra qualche anno ognuno di noi potrà influenzare le scelte dei governi tramite la rete. Insegno informatica da 20 anni, ho visto nascere internet e sto assistendo a ciò che internet è veramente diventata. Tra qualche anno la rete sarà solo un altro strumento di controllo e le persone pensando di essere libere, saranno schiavi e sudditi. Già ora la tecnologia in mano a persone senza scrupoli aiuta a schedare e catalogare, aiuta i ricchi ad essere sempre più ricchi, ha ridotto la forza lavoro a numeri che si possono cancellare quando non servono più. Già oggi i governi stanno combattendo cyber guerre devastanti. Già adesso la rete ha i suoi controllori (pochi) e i suoi controllati (tutti gli altri). Far passare questa idea significa stabilire un principio: la democrazia è morta o in coma irreversibile. Quindi, caro Saviano, io il mio piccolissimo contributo lo metto in questo sito, come avevo già fatto. Una cosa vorrei fosse chiara: Not in my name! Nessuno mai si arroghi il diritto di parlare per me e in mio nome. Lo faccio io, quando e come lo ritengo più utile. Grazie. SB.

Informare (per dovere) o non informare (per non avvantaggiare)?

In questi giorni, tra le varie notizie, mi ha colpito l'inchiesta dell'Espresso sui presunti legami indiretti del Ministro dell'Interno con la 'ndrangheta attraverso il responsabile della Lega a Rosarno. La notizia, purtroppo, di suo non ha niente di nuovo e, se dimostrata da una eventuale inchiesta, confermerebbe semplicemente che la criminalità organizzata è in grado di adattarsi sempre molto velocemente ai nuovi scenari politici. Ma il problema vero è un altro. Ogni volta che un quotidiano, un settimanale o un telegiornale attaccano con fatti, veri o presunti, un esponente politico, non fanno altro che rafforzarlo a livello elettorale. Molti italiani pensano che se un giornale di "sinistra" attacca la Lega, allora vuol dire che la Lega è cosa buona e giusta. Tra l'altro L'Espresso, come tutti i giornali, ha una sezione del proprio sito a pagamento ed una a libera consultazione e questa notizia, per ovvie ragioni di linea editoriale, è stata messa nella seconda, cioè a disposizione di tutti e non solo degli abbonati. Lo abbiamo visto per 20 anni con Berlusconi e Forza Italia, più si davano notizie sul conflitto d'interessi, sui rapporti con mafie varie e più guadagnava consensi fino a quando non è arrivata la crisi e le persone hanno smesso di credere alle sue balle per credere a quelle di altri. Allora il dilemma è:
  • informare, cosa che è doverosa per un giornalista, su fatti che potrebbero essere penalmente rilevabili e, quindi, non fare altro che avvantaggiare il politico di turno
  • o non informare, venendo meno al proprio ruolo?
È successo anche con l'inchiesta sui rimborsi elettorali sottratti illecitamente dalla Lega (Nord) e che ha fatto aumentare i consensi alla Lega di Salvini. Per me la risposta è ovvia: bisogna informare. Sapere è potere. Sapere è poter scegliere meglio. L'importante è che le notizie siano filtrate e valutate secondo coscienza e non tramite il pensiero unico del leader di turno. Ma noi italiani abbiamo questo istinto di voler a tutti i costi la "persona forte" che ci guidi e che pensi al posto nostro (troppa fatica farlo da soli). Poi tra altri 20 anni ne seguiremo un altro. O magari anche prima (vedi Renzi). Il grande scoop, la vera notizia sarebbe avere degli statisti, e non dei semplici politici, che guardano oltre le prossime elezioni e che cercano di costruire un futuro, non per noi, ma per le prossime generazioni, anche quelle non ancora nate. Il mio invito è di leggere, informarsi attraverso più fonti, pensare e meditare e poi farsi una propria opinione e scegliere di conseguenza. Non siate pigri, ma ricercate la verità, sempre. SB.

“Netiquette” questa sconosciuta

La "netiquette" è un neologismo (formato da 2 parole "network" ed "étiquette") che è nato per codificare il buon comportamento di una persona sul web. Mia moglie ha "retwittato" un post di @pfmajorino, Assessore alle Politiche Sociali del Comune di Milano, in cui tratta il tema dell'immigrazione. Pierfrancesco Majorino da tempo pubblica post contro le politiche sull'immigrazione dell'attuale governo, ma quello che mi ha fatto pensare sono le risposte che, puntualmente, riceve ad ogni post. Che la situazione sociale in Italia sia critica lo vedono anche i bambini, ma che la cattiveria, l'ignoranza e la totale mancanza di educazione siano così diffuse mi preoccupa (e molto) e mi fa schifo. Non dico che tutti la debbano pensare come lui, ma si può dissentire con educazione, con "netiquette". La "netiquette" è quindi strettamente legata all'educazione dell'individuo ed alla sua cultura. Probabilmente, anzi sicuramente, siamo messi molto male su tutti e due i fronti. Pensare, poi, che il web sia una terra di nessuno, dove si può dire tutto e pensare di rimanere anche anonimi è da idioti. La rete registra, traccia, memorizza e non dimentica nulla di quello che facciamo (ricerche, visite a siti web, clic, like...) e scriviamo. Propongo che l'accesso ai Social sia permesso solo a chi supera dei test, degli esami. Gli altri si arrangino e tornino alle loro "povere" vite. Altro non hanno. SB.

Voto europeo su Copyright slitta a Settembre

La Repubblica riporta la notizia dello slittamento del voto sulla legge europea sul Copyright come un regalo ai giganti del web e si schiera apertamente a favore delle nuove norme che alcuni vorrebbero far diventare legge. A pensarci bene, forse, hanno ragione loro. La pagina del loro sito che contiene l'articolo in questione è piena di banner pubblicitari e se da Google o Facebook o Instagram, o persino da questo nano blog, non arriveranno più nuovi visitatori, pazienza. Sarà loro cura spiegare agli inserzionisti che il sito avrà meno visibilità. A loro interessano l'articolo 11 e l'articolo 13 della legge. L'articolo 11 è semplice da capire e da spiegare: si tratta della cosiddetta "link tax" per cui chiunque (anche il sottoscritto) una volta pubblicato un link, come sopra alla loro pagina, con un breve riassunto della notizia, dovrebbe pagare. Spiego meglio: non sono loro a pagare per avere più traffico sul sito, ma io che mando più visitatori e, quindi, potenziali clienti ai loro inserzionisti: il mondo alla rovescia. Pubblicando per questo articolo uno screenshot del sito di Repubblica ho appena violato l'articolo 11. Per spiegare l'articolo 13 vado nuovamente a violare l'articolo 11, riportando quanto scritto sul sito del Corriere della Sera in questa pagina e in questa:
L’Articolo 13, “Utilizzo di contenuti protetti da parte di prestatori di servizi della società dell’informazione che memorizzano e danno accesso a grandi quantità di opere e altro materiali caricato dagli utenti”, stabilisce invece che «i prestatori di servizi della società dell’informazione» adottino «in collaborazione con i titolari dei diritti misure miranti a garantire il funzionamento degli accordi con essi conclusi per l’uso delle loro opere o altro materiale ovvero volte a impedire che talune opere o altro materiale identificati dai titolari dei diritti mediante la collaborazione con gli stessi prestatori siano messi a disposizione sui loro servizi». L’obiettivo della norma, in sostanza, è quello di regolamentare a monte i rapporti tra il titolare dei diritti e il gestore della piattaforma, con lo scopo di tutelare il primo qualora i singoli utenti postino contenuti protetti da copyright di terzi su YouTube, Facebook & Co. «L’articolo 11 prevede che venga data una sorta di presunzione di illiceità a tutti i contenuti cui è associato un determinato marchio che il titolare dei diritti non ha comunicato alla piattaforma», spiega Cavalcanti. Secondo i più critici l’articolo 13 richiederà invece che tutte le piattaforme Internet filtrino i contenuti messi in linea dagli utenti per verificare che non violino il copyright, con un’evidente restrizione della libertà di parola. La campagna Copyright 4 Creativity sostiene che «se l’articolo 13 della direttiva sul diritto d’autore dovesse essere adottato, imporrebbe un’ampia censura su tutti i contenuti condivisi online». Il problema principale starebbe quindi nell’algoritmo usato per filtrare i contenuti, che l’eurodeputata Julia Reda equipara a una vera e propria macchina della censura. «Mentre le macchine possono individuare i duplicati degli upload di canzoni di Beyonce, non possono però individuare parodie, capire meme che utilizzano immagini con copyright o giudicare ciò che le persone creative stanno facendo. Lo vediamo troppo spesso su YouTube», ha detto alla Bcc Jim Killock, direttore esecutivo dell’Open Rights Group del Regno Unito. Una settantina di ricercatori e studiosi - tra cui l’inventore del Web Tim Berners-Lee, Vint Cerf, considerato tra i padri di internet, Jimmy Wales, cofondatore di Wikipedia, Brester Kahle, fondatore dell’Internet Archive, e il professore della Columbia University Tim Wu - hanno scritto una lettera aperta al presidente dell’Europarlamento Antonio Tajani, chiedendogli di opporsi all’articolo 13. «Richiedendo alle piattaforme Internet di eseguire un filtro automatico su tutti i contenuti caricati dai loro utenti, l’articolo 13 fa un passo in avanti senza precedenti verso la trasformazione di Internet da una piattaforma aperta alla condivisione e innovazione a uno strumento per la sorveglianza automatizzata e il controllo degli utenti».
Ora che i rischi sono chiari viene da domandarsi come mai non si faccia alcuna distinzione tra giganti, grandi, medi, piccoli, piccolissimi e microscopici protagonisti del web. Perché se è vero che i Giganti devono pagare e riconoscere il diritto d'autore a chiunque, è vero anche che milioni di persone hanno il diritto ad essere informati e di condividere le notizie più interessanti (ognuno deciderà sul significato di "interessante"). E se poi Google dovrà decidere se ad aver ragione è L'Espresso, per esempio, o un singolo utente, credo non vi siano dubbi da quale parte si schiererà. SB. P.S.: in questo sito non c'è pubblicità!

Wikipedia volontariamente oscurata

Anche Wikipedia si è schierata contro la nuova legge Europea sul copyright (ne abbiamo parlato qui), e da oggi la versione italiana non è più consultabile. Nella Homepage trovate un comunicato in cui si spiegano i rischi legati all'eventuale approvazione di tale legge. Inutile ribadire quanto la libertà in rete sia essenziale per le nostre democrazie e che chiunque voglia controllare Internet lo fa solo per limitare (se non azzerare) il libero scambio di informazioni, notizie ed opinioni. In questi anni molte persone hanno cambiato le loro abitudini d'informazione: dal l'informazione passiva delle tv e dei giornali a quella attiva della rete. Le opinioni si formano in base alle ricerche e non in base alle linee editoriali. Certo anche la rete ha i suoi problemi, in primis le fake news, ma è sempre meglio dell'informazione precotta proposta dagli editori (soprattutto in televisione). SB.

Dove ci porterà la nuova legge sul copyright in rete?

Oggi voglio riportare un'articolo apparso sul sito Rivista Studio del network di cui fa parte anche Lettera43.

L'articolo è stato scritto da Federico Gennari Santori.

La commissione giuridica del Parlamento Europeo ha dato il via libera a una legge che potrebbe cambiare le regole di Internet. Ecco cosa potrebbe cambiare. Forse qualcuno negli ultimi giorni avrà sentito parlare di “fine dei meme”. Fermo restando che si tratterebbe di una piccola-grande catastrofe per l’ilarità in rete, in realtà in ballo c’è molto di più. In Italia la notizia è passata praticamente inosservata, eppure martedì scorso la commissione giuridica del Parlamento europeo ha dato il via libera a una proposta di legge che potrebbe cambiare radicalmente le regole di internet. In negativo. I padri della rete in rivolta La settimana scorsa il creatore del World Wide Web Tim Berners-Lee, l’informatico Vint Cerf, il giurista Tim Wo e decine di altri esperti hanno indirizzato una lettera al presidente del parlamento Antonio Tajani per segnalare «una minaccia imminente». Dovuta alle novità che l’Ue si prepara a introdurre in materia di copyright. Il provvedimento consiste nella modifica e nell’integrazione della Copyright Directive, proprio con l’obiettivo di adeguarla all’era di internet. Sebbene non siano ancora definiti i tempi di approvazione (si potrebbe arrivare al voto finale del parlamento intorno agli inizi del 2019), l’allarme è già scattato. Piattaforme responsabili Ad attirare le maggiori critiche, comprese quelle arrivate a Tajani, è l’articolo 13 del testo, in cui è sancito che le piattaforme digitali saranno responsabili dei materiali pubblicati dagli utenti, e quindi anche delle violazioni del copyright, che starà a loro evitare. Come? Adottando misure «appropriate». Ovvero? Delle «tecnologie efficaci per il riconoscimento dei contenuti». L’articolo 13, dunque, metterebbe in sordina la vigente direttiva sull’ecommerce, che attribuisce alle piattaforme un ruolo di “tramite” proteggendole dalle sanzioni. E ha due grandi implicazioni: 1) le piattaforme digitali sono considerate a tutti gli effetti come editori; 2) l’attività degli utenti dovrà essere monitorata in maniera molto più dettagliata. (continua a leggere)