Dove ci porterà la nuova legge sul copyright in rete?

Oggi voglio riportare un’articolo apparso sul sito Rivista Studio del network di cui fa parte anche Lettera43.

L’articolo è stato scritto da Federico Gennari Santori.

La commissione giuridica del Parlamento Europeo ha dato il via libera a una legge che potrebbe cambiare le regole di Internet. Ecco cosa potrebbe cambiare.

Forse qualcuno negli ultimi giorni avrà sentito parlare di “fine dei meme”. Fermo restando che si tratterebbe di una piccola-grande catastrofe per l’ilarità in rete, in realtà in ballo c’è molto di più. In Italia la notizia è passata praticamente inosservata, eppure martedì scorso la commissione giuridica del Parlamento europeo ha dato il via libera a una proposta di legge che potrebbe cambiare radicalmente le regole di internet. In negativo.

I padri della rete in rivolta

La settimana scorsa il creatore del World Wide Web Tim Berners-Lee, l’informatico Vint Cerf, il giurista Tim Wo e decine di altri esperti hanno indirizzato una lettera al presidente del parlamento Antonio Tajani per segnalare «una minaccia imminente». Dovuta alle novità che l’Ue si prepara a introdurre in materia di copyright. Il provvedimento consiste nella modifica e nell’integrazione della Copyright Directive, proprio con l’obiettivo di adeguarla all’era di internet. Sebbene non siano ancora definiti i tempi di approvazione (si potrebbe arrivare al voto finale del parlamento intorno agli inizi del 2019), l’allarme è già scattato.

Piattaforme responsabili

Ad attirare le maggiori critiche, comprese quelle arrivate a Tajani, è l’articolo 13 del testo, in cui è sancito che le piattaforme digitali saranno responsabili dei materiali pubblicati dagli utenti, e quindi anche delle violazioni del copyright, che starà a loro evitare. Come? Adottando misure «appropriate». Ovvero? Delle «tecnologie efficaci per il riconoscimento dei contenuti». L’articolo 13, dunque, metterebbe in sordina la vigente direttiva sull’ecommerce, che attribuisce alle piattaforme un ruolo di “tramite” proteggendole dalle sanzioni. E ha due grandi implicazioni: 1) le piattaforme digitali sono considerate a tutti gli effetti come editori; 2) l’attività degli utenti dovrà essere monitorata in maniera molto più dettagliata.

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